Il presepe

 

«Un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio»

(Is 9,5).

 

«È apparsa la grazia di Dio,

che porta salvezza a tutti gli uomini»

(Tt 2,11).

 

In questi giorni che precedono le festività natalizie, con rinnovata curiosità e stupore, sto attentamente ammirando tanti presepi, piccoli, medi e grandi, generati dalle più sconfinate fantasie, quanto a scenografie, stili, colori e materiali, naturali e non. Visiono straordinarie rappresentazioni artistiche tridimensionali della Natività del Bambino Gesù che, altresì, includono figure come Maria, Giuseppe, bue e asino, collocati in una mangiatoia, grotta o capanna; angeli, magi, pastori con pecore e cani, artigiani e venditori, immersi in scenari paesaggistici, quali montagne, ruscelli e case, Stella di Betlemme o Stella cometa. Queste straordinarie iconografie, a volte statiche altre dinamiche, sono impreziosite da varianti sacre e profane, con scene di vita quotidiana e, finanche, da tenui sottofondi musicali. Tutta questa magnificenza, frutto di fede, talento, ingegno, creatività, abilità, tecnica e maestria, non può non ricordarmi l’espressione che utilizziamo nelle nostre Chiese cattoliche, durante l’Offertorio o dopo la Comunione, attraverso il noto canto liturgico “Benedici, o Signore”1: è «prodigio antico e sempre nuovo».

 

Ogni volta, infatti, che mi ritrovo in contemplazione dinanzi ad un presepe, inebriato come se fossi ancora bambino, affiorano alla mia mente innumerevoli Natività brillantemente rappresentate nella pittura, scultura e architettura da artisti di tutti i tempi, noti e non, così come rimembro magnifiche laudi, cantiche, poemi e trattati di scrittori, letterati, storici, filosofi e scienziati, credenti e non, dedicati ad uno degli eventi che ha cambiato il corso della storia mondiale. Qualora volessimo fare un’accurata catalogazione di tali variegate produzioni, subito, ci renderemo conto che la colossale impresa è assolutamente tanto ardua quanto impossibile!

 

I presepi sono solennemente allestiti in Chiese e, spesso, in zone centrali delle nostre case dove con famiglie e amici ci riuniamo, come salotti e sale da pranzo, ma anche sotto l’albero di Natale, oppure su mobili dedicati, come tavolini e madie, mentre altri ancora sono realizzati in vicoli, piazze, strade e, talvolta, in esercizi commerciali. Tutti, comunque, celano la loro peculiarità e, non di rado, sono raffinate opere d’arte.

 

San Francesco d’Assisi2, ancora colmo di gioia per l’approvazione della Regola dell’Ordine dei Frati Minori avvenuta il 29 novembre 1223 con Bolla “Solet Annuere di papa Onorio III3, esprime ad un suo amico, a circa due settimane dal Natale del Signore, il desiderio di rievocare a Greccio, in provincia di Rieti, la natività di Gesù: intende ricreare, tramite una rappresentazione vivente, la suggestiva atmosfera di Betlemme che da quel momento, annualmente, si ripete ovunque nel mondo.

 

Le antiche agiografie descrivono che il Serafico, durante la Celebrazione Eucaristica della notte santa, prende tra le sue braccia, per mostrarlo all’assemblea, un bambino adagiato in una mangiatoia, come riporta Luca4 nel suo Vangelo (cfr. Lc 2,7.12), manifestando umiltà del Figlio di Dio che, incarnandosi, diviene inizio di nuova creazione. Matteo5, invece, evidenzia la maternità divina di Maria (cfr. Mt 1,1–25) e l’evangelista Giovanni6 scrivendo che «il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), ci rivela risvolti umani, quali debolezza e caducità.

 

Tommaso da Celano7, primo biografo del Poverello d’Assisi, riassume la sacra rappresentazione natalizia di Greccio con questa frase: «In quella scena si onora la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà». Questa piccola, minuziosa e stupenda narrazione ci fa pienamente comprendere che il presepe oltrepassa la stessa fede cristiana e diviene emblema universale di uomini e donne con mente, cuore e vita semplice, povera ed umile.

 

«A cosa mi servirà la vita se in essa non camminerò in umiltà?» scrive il giovane redentorista venerabile Domenico Blasucci8 in un librettino in cui annota i suoi pensieri e le sue rivelazioni durante il noviziato. Chiediamoci se noi, tanto abituati a lamentarci per apparire al centro dell’attenzione altrui ed ottenere comprensione e compassione, siamo in grado, se non di scrivere simili espressioni, almeno di riflettere sull’alto significato e valore dell’umiltà, oggi troppo spesso deturpata.

 

Dal presepe cristiano, invece, emerge la mitezza di un Bambino che assume la nostra condizione umana, acquisisce una patria terrena con una propria storia, vissuta tra sofferenza e povertà, oppressione e persecuzione. Sono temi vivacemente espressi nell’unione di fede, arte, tradizione popolare e folklore. La straordinaria successione di presepi napoletani, prodotti dagli anni del 1700 ad oggi, attualizza il Natale di Cristo con vicende contemporanee. È sublime arte che rinnova la bellezza della bontà vissuta e sofferta, dove la condivisione di valori come amore e fratellanza, mitezza e umiltà, semplicità e pazienza, ascolto e azione, coraggio e perseveranza, speranza e carità, s’intersecano, s’intrecciano e si fondono, in un mondo, troppo spesso, reso orrido da bugie, violenze, guerre…

 

La composizione plastica del presepe, insomma, è allegoria del nostro viaggio terreno, che ci dobbiamo sforzare di condurre dall’oscurità alla luce, come ci esorta l’apostolo Paolo9, svestendoci dell’uomo vecchio e rivestendoci di quello nuovo (cfr. Col 3,9–10). È soltanto così che saremo in grado di lodare il legame tra vita fisica di Gesù Cristo e vita gloriosa e divina che sfolgora nella Sua risurrezione (cfr. Mt 28,1–10; Mc 16,1–8; Lc 24,1–12; Gv 20,1–10). È quanto auspichiamo noi cristiani sin dai primi secoli, come testimoniano raffigurazioni di piccole scene di presepi scolpite su sarcofagi databili tra il 200 e il 500, rinvenuti a Siracusa, Milano, Roma e in aree vicine Città del Vaticano e Arles, in Francia, e icone della scuola pittorica della città russa di Novgorod, realizzate negli anni del 1400, dove il Bambino Gesù è deposto in mangiatoie a forma di sepolcro.

 

Ruvo del Monte, 16 dicembre 2025, inizio della Novena di Natale, Anno giubilare ordinario Pellegrini di Speranza.

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1 Benedici, o Signore, è un canto liturgico interpretato da Gen Rosso, gruppo musicale e artistico internazionale d’origine italiana, con musiche di Benedikt Enderle e testo di Valerio Lode Ciprì. Il canto, inciso per la prima volta nel 1986, è presente in vari album, canzonieri e raccolte.

2 San Francesco d’Assisi, al secolo Giovanni di Pietro di Bernardone, (Assisi, 1181/1182 – Assisi, 3 ottobre 1226), è un religioso e poeta italiano, diacono e fondatore dell’ordine che da lui prende il nome, Ordine Francescano. È canonizzato da papa Gregorio IX nel 1228. È proclamato patrono principale d’Italia da papa Pio XII il 18 giugno 1939. La stigmatizzazione del Santo si ricorda il 17 settembre e la sua festa liturgica ricorre il 4 ottobre. È anche detto Serafico e Poverello d’Assisi.

3 Onorio III, nato Cencio ma di famiglia sconosciuta, (Roma, 1150 circa – Roma, 18 marzo 1227), è il 177° papa della Chiesa Cattolica, dal 1216 alla sua morte.

4 Luca, (Antiochia di Siria, 9 circa – Tebe, 93 circa), medico, diviene discepolo e collaboratore di Paolo apostolo o Paolo di Tarso. È autore dell’omonimo Vangelo canonico e degli Atti degli Apostoli, rispettivamente terzo e quinto libro del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane che ne ammettono il culto. La sua festa liturgica ricorre il 18 ottobre.

5 Matteo, (Cafarnao, 4 o 2 a.C. circa – Etiopia, 70 o 74), esattore delle tasse, diviene uno dei dodici apostoli di Gesù ed autore dell’omonimo Vangelo canonico, primo libro del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane che ne ammettono il culto. La sua festa liturgica ricorre il 21 settembre per la Chiesa latina e il 16 novembre per quella ortodossa e Chiese cattoliche orientali.

6 Giovanni, (Betsaida, 10 circa – Efeso, 98 o anni immediatamente successivi), pescatore, diviene discepolo di Giovanni Battista e, successivamente, uno dei dodici apostoli di Gesù. È autore dell’omonimo Vangelo canonico, quarto libro del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane che ne ammettono il culto. La sua festa liturgica ricorre il 27 dicembre.

7 Tommaso da Celano, (Celano, 1190 circa – Val de’ Varri, 1265 circa), è un francescano, poeta e scrittore italiano. È autore della Vitae di San Francesco d’Assisi e, almeno, di due lodi del Poverello d’Assisi.

8 Venerabile Domenico Blasucci, (Ruvo del Monte, 5 marzo 1732 – Materdomini di Caposele, 2 novembre 1752), è uno studente professo della Congregazione del SS. Redentore. È proclamato Venerabile da papa san Pio X il 23 maggio 1906.

Per informazioni sul venerabile Domenico Blasucci si veda il sito web www.domenicoblasucci.it.

9 San Paolo Apostolo o San Paolo di Tarso, nato con il nome di Saulo, (Tarso, 4 d.C. – Roma 64 o 67 d.C.), è uno dei primi santi e martiri venerati da tutte le Chiese cristiane che ne ammettono il culto, equiparato ai dodici apostoli con l’appellativo di Apostolo dei Gentili o Apostolo delle Genti (cfr. Gal 2,7–8). La sue feste liturgiche ricorrono il 26 gennaio, conversione, il 29 giugno, martirio insieme a san Pietro apostolo, il 18 novembre, dedicazione delle Basiliche dei santi Pietro e Paolo, apostoli.

 

 

Pubblicato martedì 16 dicembre 2025, alle ore 18:30.

 

 

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